.jpg)
Ritorno a scrivere con piacere. Roberto Saviano, ospite della trasmissione TV di Fabio Fazio “Che tempo Fa”, l’oggetto dello stimolo cognitivo. Il suo intervento sotto forma di monologo è sostanzialmente una vera e propria analisi del sistema camorra nelle sue manifestazioni di potere e consenso. Un analisi che chiama in causa la reticenza della gente, della società, della politica e del giornalismo. Il risultato della discussione è notevole perché a parlare non è uno scrittore chiunque e ne ho da subito l’impressione. Il suo parlare va diritto al cuore del problema, senza particolari fronzoli penetra dritto al mio cuore e colpisce inevitabilemente l'animo.
Nell’ubriacatura di fiction e reality in tutte le salse che spopolano senza pietà nell'etere televisivo, l’evento di una trasmissione che ha per ospite Saviano è una rarità assoluta.
Il giornalismo viene chiamato prepotentemente in causa perchè con le sue cronache dovrebbe raccontare la verità ma non lo fa in quanto, specie per alcuni quotidiani locali, la verità viene stravolta. Per altri, anzi per la maggior parte, non viene nemmeno raccontata. La Camorra con le sue stragi e il suo sangue non abbisogna infatti di essere raccontata dalla stampa nazionale. Ma è giusto che il giornalismo ometta di raccontare le verità scomode? E soprattutto è vero che tutto ciò non accade perché non interessa alla gente? I giornali non parlano perché questi argomenti non hanno business? E’ vero tutto questo?
La favoletta di far credere che la gente non vuole essere informata su certi argomenti in realtà è ridicola quanto sconcertante ed è uno dei luoghi comuni più odiosi in cui mi sono imbattuto e non solo della carta stampata ma dei media in generale.
Da una parte Saviano ha dimostrato come la stampa locale fosse asservita al potere malavitoso. Dall'altra, tanto per dare un idea della nostra “informazione” e del nostro essere Nazione, in occasione dei 15 anni della morte di Don Peppe Diana (il prete Scout) che ricorreva il 19 marzo scorso "La Repubblica" pubblicava alla pag. 27 un articolo dello stesso Saviano, mentre Il Corriere della Sera, il nostro maggiore quotidiano, dedicava solo poche righe al suo interno.
"El Pais", il quotidiano storico della Spagna, quel giorno apriva con un taglio in prima pagina.
Eloquente!?
A quel funerale del 94 ricordo bene che c’ero anch’io in quel di Casal di Principe a condividere il coraggio di un uomo.
Dopo la sua morte Saviano ha illustrato come i quotidiani locali abbiano disinformato con titoloni in prima pagina, del tipo “Don Diana a letto con due donne” e ancora “Don Peppe Diana era un camorrista”. In realtà, oltre alla diffamazione - arma tipicamente adottata da questi malavitosi - la condanna di quest’uomo è stato il suo documento intitolato “Per amore del mio popolo non tacerò” (leggilo sul Comitato in suo nome). Vengono citate altre vittime coraggiose (come l’agente Salvatore Nuvoletta), innocenti o estranee alle attività camorristiche che, nonostante i silenzi, gridano ancora vendetta.

E’ quasi commovente come Saviano vuole arrivare con il suo linguaggio e la sua scrittura “al numero più alto di persone”. Perché sa che la sua forza sono i suoi lettori.
Sa con consapevolezza che arrivare ai lettori significa sensibilizzare la gente su un problema reale che riguarda tutti, che riguarda un intero paese e non soltanto quel paesino o quella città o regione del Sud. Sa che la sua arma migliore è la scrittura e quindi la sua migliore difesa contro i "nemici". Sa, con i suoi fatti, di poter suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica. Sa che i suoi amici e la sua “famiglia” sono i carabinieri che lo proteggono da circa 3 anni e con cui condivide gran parte dei suoi momenti. Sa che raccontare il potere criminale è sempre difficile e pericoloso. Sa soprattutto che la missione di scalfire le coscienze è impresa ardua ma sostanziale, più della lotta stessa per la camorra. Come un puzzle che viene costruito un pezzo per volta, sia pure lentamente e che riesce pian piano ad allargarsi e formarsi. Anche un solo pezzo in più aggiunto al riquadro può essere vitale.
Esemplare.