giovedì 26 marzo 2009

Uno scrittore per tutti


Ritorno a scrivere con piacere. Roberto Saviano, ospite della trasmissione TV di Fabio Fazio “Che tempo Fa”, l’oggetto dello stimolo cognitivo. Il suo intervento sotto forma di monologo è sostanzialmente una vera e propria analisi del sistema camorra nelle sue manifestazioni di potere e consenso. Un analisi che chiama in causa la reticenza della gente, della società, della politica e del giornalismo. Il risultato della discussione è notevole perché a parlare non è uno scrittore chiunque e ne ho da subito l’impressione. Il suo parlare va diritto al cuore del problema, senza particolari fronzoli penetra dritto al mio cuore e colpisce inevitabilemente l'animo.
Nell’ubriacatura di fiction e reality in tutte le salse che spopolano senza pietà nell'etere televisivo, l’evento di una trasmissione che ha per ospite Saviano è una rarità assoluta.
Il giornalismo viene chiamato prepotentemente in causa perchè con le sue cronache dovrebbe raccontare la verità ma non lo fa in quanto, specie per alcuni quotidiani locali, la verità viene stravolta. Per altri, anzi per la maggior parte, non viene nemmeno raccontata. La Camorra con le sue stragi e il suo sangue non abbisogna infatti di essere raccontata dalla stampa nazionale. Ma è giusto che il giornalismo ometta di raccontare le verità scomode? E soprattutto è vero che tutto ciò non accade perché non interessa alla gente? I giornali non parlano perché questi argomenti non hanno business? E’ vero tutto questo?
La favoletta di far credere che la gente non vuole essere informata su certi argomenti in realtà è ridicola quanto sconcertante ed è uno dei luoghi comuni più odiosi in cui mi sono imbattuto e non solo della carta stampata ma dei media in generale.
Da una parte Saviano ha dimostrato come la stampa locale fosse asservita al potere malavitoso. Dall'altra, tanto per dare un idea della nostra “informazione” e del nostro essere Nazione, in occasione dei 15 anni della morte di Don Peppe Diana (il prete Scout) che ricorreva il 19 marzo scorso "La Repubblica" pubblicava alla pag. 27 un articolo dello stesso Saviano, mentre Il Corriere della Sera, il nostro maggiore quotidiano, dedicava solo poche righe al suo interno.
"El Pais", il quotidiano storico della Spagna, quel giorno apriva con un taglio in prima pagina.
Eloquente!?
A quel funerale del 94 ricordo bene che c’ero anch’io in quel di Casal di Principe a condividere il coraggio di un uomo.
Dopo la sua morte Saviano ha illustrato come i quotidiani locali abbiano disinformato con titoloni in prima pagina, del tipo “Don Diana a letto con due donne” e ancora “Don Peppe Diana era un camorrista”. In realtà, oltre alla diffamazione - arma tipicamente adottata da questi malavitosi - la condanna di quest’uomo è stato il suo documento intitolato “Per amore del mio popolo non tacerò” (leggilo sul Comitato in suo nome). Vengono citate altre vittime coraggiose (come l’agente Salvatore Nuvoletta), innocenti o estranee alle attività camorristiche che, nonostante i silenzi, gridano ancora vendetta.
E’ quasi commovente come Saviano vuole arrivare con il suo linguaggio e la sua scrittura “al numero più alto di persone”. Perché sa che la sua forza sono i suoi lettori.
Sa con consapevolezza che arrivare ai lettori significa sensibilizzare la gente su un problema reale che riguarda tutti, che riguarda un intero paese e non soltanto quel paesino o quella città o regione del Sud. Sa che la sua arma migliore è la scrittura e quindi la sua migliore difesa contro i "nemici". Sa, con i suoi fatti, di poter suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica. Sa che i suoi amici e la sua “famiglia” sono i carabinieri che lo proteggono da circa 3 anni e con cui condivide gran parte dei suoi momenti. Sa che raccontare il potere criminale è sempre difficile e pericoloso. Sa soprattutto che la missione di scalfire le coscienze è impresa ardua ma sostanziale, più della lotta stessa per la camorra. Come un puzzle che viene costruito un pezzo per volta, sia pure lentamente e che riesce pian piano ad allargarsi e formarsi. Anche un solo pezzo in più aggiunto al riquadro può essere vitale.
Esemplare.

giovedì 5 marzo 2009

Luci e ombre del Calcio


Stamattina apprendevo con stupore la notizia che il Messina Calcio è all’asta. Anche la possibilità di usufruire del Lodo Petrucci da parte di una cordata di imprenditori è risultata vana e quindi per i Siciliani dello stretto si profila un campionato dilettanti di serie D, sperando che almeno qualcuno si faccia avanti alle buste.
Lo spunto è utile per ricordare che il calcio italiano ormai ci ha abituati a discese vertiginose di club anche gloriosi, di società che dopo aver navigato tra campionati di A e di B si ritrovano invischiati in fallimenti o indebitamenti vari tali da determinare tracolli, con retrocessioni troppo spesso dolorose soprattutto per i propri tifosi.
Il Messina Calcio e la sua storia recente ci riconduce anche alla Salernitana attuale.
Alcuni giocatori di quella squadra che avevano contribuito a renderla grande si ritrovano oggi con la maglia dei granata di Salerno. Ex glorioso è stato anche Bortolo Mutti, allenatore di una certa notorietà, quest’anno approdato a Salerno dopo aver ereditato dall’attuale Castori – poi richiamato - una squadra allo sbando con appena 3-4 partite all’attivo. L’attuale DG della Salernitana, Angelo Fabiani, ha lavorato diversi anni sullo stretto a fianco del Presidente Franza.
Il fulcro societario si incentra intorno alla figura di Fabiani, perché è da lui che partono tutte le vicissitudini legate alla campagna acquisti della Salernitana. E’ su di lui che si incentrano anche le critiche dei Salernitani e della stampa locale.
I risultati del Messina degli ultimi anni parlano chiaro: da un campionato di C vinto nel 2000/2001 è seguita una promozione nella massima serie dopo 3 anni ed al primo anno in serie A il Messina è terminato al 7° posto, sfiorando la UEFA (Mutti in panchina). Stiamo parlando del campionato 2004/2005 e anche in quello successivo viene raggiunta la salvezza.
Il direttore sportivo era Mariano Fabiani. Come si può mettere in discussione un professionista del suo calibro? L’anno scorso in C ha portato a Salerno dei signori calciatori di “categoria” e nonostante ci si lamentasse del gioco, la Salernitana ha raggiunto la promozione senza particolari affanni.
Le ciambelle si dice non sempre escono con il buco e la Salernitana quest’anno non sta pagando a mio avviso lo scotto della neo-promossa, piuttosto è stata penalizzata e paralizzata da una preparazione atletica eccessivamente sbilanciata e nel momento topico della stagione, al c.d giro di boa, da troppi acciacchi e infortuni. Castori, Mutti e poi ancora Castori non hanno avuto la possibilità di poter amalgamare una rosa con un “undici” definito.
In tempi poi di crisi economica come quella in corso anche il calcio tira decisamente la cinghia perché soldi non ce ne sono. Certo è lì che si evidenziano le qualità e le competenze di un direttore sportivo. I risultati purtroppo non gli danno ragione. Ciononostante non credo che gente come Peccarisi, Pestrin, Coppola, Ciaramitaro, Fava ed altri arrivati quest’anno alla corte di Castori siano dei brocchi o dei falliti.
Un coppia di attacco Fava-Di Napoli ce la invidia probabilmente anche qualche club di serie A, non penso di esagerare.
Con questo non voglio ergermi a difensore di Fabiani o dell’attuale dirigenza ma ritengo che l’ingratitudine è troppo spesso dietro l’angolo, soprattutto quando le cose non vanno per il meglio. Salerno non è immune.
Peraltro le vicissitudini giudiziarie per le quali è stato indagato Mariano Fabiani non sono definitive. Penso sia buona norma, prima di sentenziare le “frodi sportive”, attendere i giudizi finali per l’appunto.
Per Fabiani il riscatto non sarà soltanto la permanenza nella cadetteria che ci auguriamo noi tutti, ma soprattutto quello di un assoluzione nelle aule dei tribunali che gli permetterà di continuare nel suo lavoro più serenamente. Di certo non servirà a scacciare le ombre di un calcio che nella sua generalità è sostanzialmente malato. La mia riflessione conclusiva è perciò questa: nel sancire il trapasso del paradigma cupola-Moggiopoli del Calcio italiano abbiamo sperato un pò tutti, probabilmenete anche gli stessi Juventini. Ma quale era (temporale), ora migliore, ci aspetta?