giovedì 3 settembre 2009

Melegnano e il sottopasso della discordia


Lettera inviata al quotidiano "Il Cittadino" il 3/9/09 per la rubrica "Lettere e opinioni".

Caro Direttore,
mi preme scriverLe per evidenziare il perdurare di una situazione davvero poco gradevole, l’ennesima, accaduta al sottopasso della stazione ferroviaria di Melegnano. Ad oggi sono passati oltre 15 gg da quando all’interno dello stesso sono stati posti dei sostegni metallici di contenimento necessari per fronteggiare un cedimento, pare, di parte del soffitto. Peccato che l’intervento (provvisorio) ha ulteriormente ristretto il passaggio pedonale, con grave limitazione per i portatori di handicap che in quel tratto non possono usufruire della corsia rotabile. Ma questo è solo un aspetto di un problema più esteso.
Il neo-assessore Pontiggia ha chiarito che la messa in sicurezza del sottopasso sarà prossima, attendiamo!
L’occasione del problema è utile per ricordare la triste e oscena realtà di questo passaggio, oggetto da sempre dall’attraversamento di persone in bicicletta o peggio ancora su motorini o scooter, in barba ai divieti, che lo rendono ancora più insicuro. Il Comitato Ovest, organismo di cui sono stato segretario per tre anni, ha da sempre segnalato la necessità di un sottopassaggio pedonale più decente e sicuro, sin dai tempi della giunta Dolcini in cui era presidente Giorgio Marchesoni, ma l’amministrazione di allora non aveva affrontato il problema. E’ ovvio poi che con il passare del tempo la situazione non poteva che peggiorare.
In questi giorni tra le pagine del vostro quotidiano abbiamo assistito anche ad un acceso diverbio tra le opposte fazioni politiche locali sull’argomento ma non capisco cosa può importare al cittadino il continuo relazionarsi al passato su un tema così delicato. Guardando al presente, al cittadino interessano i fatti e non può che aspettarsi da chi amministra la città che il sottopassaggio sia innanzitutto decente, poi fruibile e quindi sicuro. Sinora non mi sembra che queste condizioni siano state rispecchiate, nemmeno con la giunta di centro-destra.
La giunta Bellomo elogia il fatto di aver quanto meno sistemato l’illuminazione e la copertura metallica del soffitto più basso del sottopasso. In realtà l’illuminazione è tuttora carente dal momento che i due faretti che interessano il lato a confine con la Via Mons. Bianchi non sono funzionali e il tratto alla sera è buio. Precedentemente nel periodo a cavallo di ferragosto c’erano stati almeno 4 gg in cui l’intero passaggio era rimasto al buio completo impedendo ai cittadini del quartiere l’attraversamento serale. Per quanto riguarda la copertura metallica realizzata per impedire il ristagno dell’acqua piovana la stessa è insufficiente perché quest’inverno non appena la pioggia era più copiosa l’effetto pantano in prossimità dei tombini era immancabile.
Con questo non voglio dire che la soluzione al problema sia cosa semplice ne tanto meno poco onerosa, tutt’altro. Bisogna infatti considerare che per la realizzazione di un serio e sostanziale intervento di rifacimento il Comune deve relazionarsi e accordarsi con un altro soggetto, proprietario della struttura, che è il Gruppo Ferrovie dello Stato. Al cittadino però interessa la volontà di affrontare la questione e risolverla, non continuare a metterci una toppa o una pezza come si continua a fare.
Il sottopassaggio è l’unica via di comunicazione tra la zona ovest di Melegnano e il suo centro; ma anche punto di incontro di tutti i pendolari melegnanesi e dei paesi confinanti che si recano in stazione per raggiungere il capoluogo. Si tratta quindi di una zona assiduamente attraversata da persone e la sua fruibilità non può e non deve continuamente essere messa in pericolo. Non voglio affrontare discorsi legati a differenze di trattamenti tra zone periferiche e centrali in quanto il problema in questione non riguarda la zona stazione ma l’interà città.
Nel centro della cittadina ora stanno rifacendo la pavimentazione in porfido con cifre (immagino) da capogiro, se pensiamo che tra qualche anno ricominceremo ad assistere al saltellamento dei sampietrini in quanto il passaggio continuerà ad essere aperto al traffico veicolare mi sembra un opera poco funzionale e molto dispendiosa! Continuando lungo la Via Zuavi la stessa è stata completata in grande stile fino proprio all’altezza del sottopasso, con un dislivello però di due cm in mezzo che ancora non è stato livellato. In questa continuità c’è il sottopassaggio appunto che ci fa un assai magra figura. Eppure tra le due opere citate credo che quest’ultimo meritasse un attenzione maggiore, direi prioritaria rispetto alle condizioni in cui versa da anni. Aspettare che le FS si sveglino con l’arrivo del Passante ferroviario mi sembra rimandare ancora la questione alle calende greche.
Ma si sa, caro Direttore, che la logica non sempre è prerogativa della politica. Cordialmente.
Giulio Delle Serre – Melegnano – giuliodell@libero.it

martedì 26 maggio 2009

Sastre, lo spunto del fuoriclasse nel Giro della vergogna


Un anno fa se ne andava tutto solo sulla leggendaria Alpe d'Huez guadagnandosi la maglia gialla del Tour che farà suo, ieri sul Monte Petrano - nella tappa "regina" di questo Giro, sotto un caldo torrido - vola come un airone piazzando la zampata decisiva, staccando tutti. L'acuto di Carlos Sastre lo si attendeva e non è mancato. Da un fuoriclasse della sua portata c'è da attendersi questo ed altro.
Io ho scommesso su di lui quando la quotazione, agli inizi, era a 17,0. Oggi segna 5,0.
Certo le salite per battagliare non appaiono così irresistibili e traguardi come il Blockhaus, Benevento o il Vesuvio, con tutto il rispetto, non sono certamente paragonabili alle tappe o ai "tapponi" decisivi Dolomitici o Alpini, tipici di un Giro d'talia degno di questo nome. Il Passo dello Stelvio è altra cosa.
Su questo aspetto direi di stendere un velo pietoso, soprattutto nei confronti degli organizzatori. Questo era il Giro del Centenario, non uno qualsiasi.
Oltre ad aver stravolto un percorso che ha sempre visto il Giro iniziare nelle regioni meridionali per concludersi al Nord (sin dal primo giro del 1909 la quarta tappa Roma-Napoli veniva vinta da Carlo Galetti), quest'anno Lor Signori hanno pensato bene di stravolgere la storicità della corsa rosa e il risultato è quello di dover vedere gareggiare i corridori su tappe appenniniche, oltretutto poco consone ad esaltare le gesta degli atleti.
Prima di ogni altra cosa c'era da restituire dignità ad una manifestazione storica. Bisognava avere rispetto dei luoghi e delle tradizioni e invece non è stato così. Per me è stato come dare uno schiaffo alla storia di questo grande Sport.
Il "vil denaro" poteva attendere, ci sarebbero state altre occasioni per realizzare esperimenti simili.
Ma oltre ad un percorso inverso, Angelo Zomegnan nella sua intenzione voleva stupire gli sportivi col colpo ad effetto "Armstrong". Gettonato e stra-pagato, la risposta era scontata ed incassata, specialmodo dagli organizzatori.
Certo dignità o credibilità sono dei paroloni in uno sport macchiato dal doping, con corridori che - paradossalmente - per la "sicurezza", a Milano, si rifiutano di correre!!!
Lo sport una volta più popolare è oramai molto impopolare. E a ragione.
La pornografia impera.

domenica 19 aprile 2009

Salernitana, amore e fantasia



La bella vittoria di ieri della Salernitana rappresenta la migliore risposta che la squadra poteva dare.
Sul campo ovvio. Ma anche fuori la società ha parecchio da gioire. Non solo perché ci si allontana dai bassifondi della classifica, anche se è bene dire che non si è salvi e il campionato, ancora in corso, è tutto da decidere, specialmente per la retrocessione.
La Salernitana ieri ha dato prova di non meritare quella classifica. In campo c’erano calciatori troppo spesso emarginati dal precedente trainer, Fabrizio Castori, e che hanno dimostrato di avere della capacità tecnico-atletiche di tutto rispetto e le cronache parlano chiaro. Mi riferisco in particolare a Ledesma e Merino che hanno dato sfoggio di qualità indiscutibili. Il gol del calciatore Andino (che umilmente non ama essere paragonato al grande Diego Armando) nel video sopra è un capolavoro di balistica di rarità assoluta, una pennellata d'eccellenza.
La rivincita di Fabiani e Lombardi è ancora in corso, ma con la grinta e il gioco espresso ieri c’è da rasserenarsi. Anche perché tra giocatori "finiti", o "a fine carriera" o peggio ancora "falliti" o "bidoni" mi sembra che forse questi appellativi – uditi alle mie orecchie e letti sparsi un pò ovunque – vadano rispediti al mittente.
Non stò qui a fare o rifare contro-analisi, credo – con orgoglio e coerenza – che questa squadra, senza i tanti infortuni e con una preparazione atletica più attenta e meno spregiudicata, poteva tranquillamente “competere con le grandi”. L’ho sostenuto e non mi nascondo, anzi lo ribadisco.
Ora la priorità è innanzitutto salvarsi e penso che questa squadra, nonostante sia ancora rimaneggiata, possa raggiungere l’obiettivo. Ma ottenutala esorto Lombardi, Murolo e Fabiani – qualora rimangono ai propri posti – a non smantellare e stravolgere questo collettivo.
Abbiamo calciatori di categoria approdati a Salerno per rimettersi in una forma atletica accettabile, non lasciamoli andare, teniamoli. Teniamo anche Brini perché, se raggiungeremo la permanenza in cadetteria, avrà pur qualche merito così come lo aveva avuto lo scorso anno quando ci aveva “traghettato”. Senza spendere chissà quali cifre, con una gestione oculata,con un tecnico serio e a “buon prezzo” e con un mercato acquisti/cessioni chiaro sin dall'estate, trattenendo diversi di questi calciatori che purtroppo per svariate ragioni non hanno avuto la possibilità di esprimersi come ci si aspettava, penso che potremmo ritornare ad essere la regina della cadetteria e pronta per il calcio che conta.
Gli elementi a disposizione lo consentono: crediamoci.

giovedì 9 aprile 2009

Aiutiamoli


Ecco il Conto Corrente Postale N. 10400000 intestato alla REGIONE ABRUZZO - causale: PRO-TERREMOTATI, cui possiamo indirizzare le nostre offerte.
Non è il tempo di guardare gli altri, diamo prova della nostra umanità e generosità con un atto molto concreto.
Aiutiamo i nostri fratelli Abruzzesi!

lunedì 6 aprile 2009

Trema la terra, tremano le tecnologie?

Gianpaolo Giuliani – tecnico di ricerca del laboratorio di sismologia del Gran Sasso - sostiene che il “terremoto poteva essere previsto. Gli eventi sismici possono essere previsti entro un raggio di azione di 120-150 km dai nostri rilevatori”. Ascolta le sue dichiarazioni:



Le sue rivelazioni sono piuttosto sconvolgenti e fanno scalpore dopo l’evento catastrofico accaduto stanotte in Abruzzo, perché egli afferma che gli “scienziati canonici” che ora dicono il contrario in realtà sanno che questi eventi si possono prevedere se ci fosse stata la “giusta preoccupazione” e se solo ci fossero state le persone "al loro post di lavoro". Non sappiamo se il Giuliani sia stato preso da foga o amareggiato per il triste evento abbattuto sulla sua terra e alle sue genti che finora ha provocato almeno 100 vittime e diverse migliaia di feriti oltrechè senzatetto, ma le sue parole sono pesanti come i macigni crollati su quei luoghi e quelle parole aprono uno squarcio sulle nuove tecnologie e sulle reali possibilità di previsione del sisma che sulla scorta delle attuali strumentazioni disponibili, stando alle sue parole, si può prevedere.
Il triste accaduto per noi Campani ci riconduce inevitabilmente con la memoria a quel triste giorno del 23 Novembre 1980 dove anche noi vivemmo quegli attimi di paura e dove anche li le conseguenze furono nefaste.
Purtroppo l’emergenza presenta sempre diversi aspetti problematici e critici per sua natura. Ora c’è poco tempo per pensare e occorre agire, cercando di aiutare con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione quella gente inerme e sconvolta.
Da questo blog mi preme lanciare l’appello di alcuni amici volontari che chiedono aiuto dalle pagine di Facebook. Davide chiede ai volontari di contattare lo 06.6820. Per i volontari della zona di Pescara telefonare al Centro operativo della Protezione Civile presso la Prefettura allo 085.2057627. C’è urgente bisogno di posti letto, chi avesse una struttura alberghiera mai come in questo momento servirebbe a una causa tanto necessaria . Inoltre CERCANO URGENTEMENTE SANGUE DI RH 0 NEGATIVO. Per chi fosse disponibile contattare lo 06491340.

giovedì 26 marzo 2009

Uno scrittore per tutti


Ritorno a scrivere con piacere. Roberto Saviano, ospite della trasmissione TV di Fabio Fazio “Che tempo Fa”, l’oggetto dello stimolo cognitivo. Il suo intervento sotto forma di monologo è sostanzialmente una vera e propria analisi del sistema camorra nelle sue manifestazioni di potere e consenso. Un analisi che chiama in causa la reticenza della gente, della società, della politica e del giornalismo. Il risultato della discussione è notevole perché a parlare non è uno scrittore chiunque e ne ho da subito l’impressione. Il suo parlare va diritto al cuore del problema, senza particolari fronzoli penetra dritto al mio cuore e colpisce inevitabilemente l'animo.
Nell’ubriacatura di fiction e reality in tutte le salse che spopolano senza pietà nell'etere televisivo, l’evento di una trasmissione che ha per ospite Saviano è una rarità assoluta.
Il giornalismo viene chiamato prepotentemente in causa perchè con le sue cronache dovrebbe raccontare la verità ma non lo fa in quanto, specie per alcuni quotidiani locali, la verità viene stravolta. Per altri, anzi per la maggior parte, non viene nemmeno raccontata. La Camorra con le sue stragi e il suo sangue non abbisogna infatti di essere raccontata dalla stampa nazionale. Ma è giusto che il giornalismo ometta di raccontare le verità scomode? E soprattutto è vero che tutto ciò non accade perché non interessa alla gente? I giornali non parlano perché questi argomenti non hanno business? E’ vero tutto questo?
La favoletta di far credere che la gente non vuole essere informata su certi argomenti in realtà è ridicola quanto sconcertante ed è uno dei luoghi comuni più odiosi in cui mi sono imbattuto e non solo della carta stampata ma dei media in generale.
Da una parte Saviano ha dimostrato come la stampa locale fosse asservita al potere malavitoso. Dall'altra, tanto per dare un idea della nostra “informazione” e del nostro essere Nazione, in occasione dei 15 anni della morte di Don Peppe Diana (il prete Scout) che ricorreva il 19 marzo scorso "La Repubblica" pubblicava alla pag. 27 un articolo dello stesso Saviano, mentre Il Corriere della Sera, il nostro maggiore quotidiano, dedicava solo poche righe al suo interno.
"El Pais", il quotidiano storico della Spagna, quel giorno apriva con un taglio in prima pagina.
Eloquente!?
A quel funerale del 94 ricordo bene che c’ero anch’io in quel di Casal di Principe a condividere il coraggio di un uomo.
Dopo la sua morte Saviano ha illustrato come i quotidiani locali abbiano disinformato con titoloni in prima pagina, del tipo “Don Diana a letto con due donne” e ancora “Don Peppe Diana era un camorrista”. In realtà, oltre alla diffamazione - arma tipicamente adottata da questi malavitosi - la condanna di quest’uomo è stato il suo documento intitolato “Per amore del mio popolo non tacerò” (leggilo sul Comitato in suo nome). Vengono citate altre vittime coraggiose (come l’agente Salvatore Nuvoletta), innocenti o estranee alle attività camorristiche che, nonostante i silenzi, gridano ancora vendetta.
E’ quasi commovente come Saviano vuole arrivare con il suo linguaggio e la sua scrittura “al numero più alto di persone”. Perché sa che la sua forza sono i suoi lettori.
Sa con consapevolezza che arrivare ai lettori significa sensibilizzare la gente su un problema reale che riguarda tutti, che riguarda un intero paese e non soltanto quel paesino o quella città o regione del Sud. Sa che la sua arma migliore è la scrittura e quindi la sua migliore difesa contro i "nemici". Sa, con i suoi fatti, di poter suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica. Sa che i suoi amici e la sua “famiglia” sono i carabinieri che lo proteggono da circa 3 anni e con cui condivide gran parte dei suoi momenti. Sa che raccontare il potere criminale è sempre difficile e pericoloso. Sa soprattutto che la missione di scalfire le coscienze è impresa ardua ma sostanziale, più della lotta stessa per la camorra. Come un puzzle che viene costruito un pezzo per volta, sia pure lentamente e che riesce pian piano ad allargarsi e formarsi. Anche un solo pezzo in più aggiunto al riquadro può essere vitale.
Esemplare.

giovedì 5 marzo 2009

Luci e ombre del Calcio


Stamattina apprendevo con stupore la notizia che il Messina Calcio è all’asta. Anche la possibilità di usufruire del Lodo Petrucci da parte di una cordata di imprenditori è risultata vana e quindi per i Siciliani dello stretto si profila un campionato dilettanti di serie D, sperando che almeno qualcuno si faccia avanti alle buste.
Lo spunto è utile per ricordare che il calcio italiano ormai ci ha abituati a discese vertiginose di club anche gloriosi, di società che dopo aver navigato tra campionati di A e di B si ritrovano invischiati in fallimenti o indebitamenti vari tali da determinare tracolli, con retrocessioni troppo spesso dolorose soprattutto per i propri tifosi.
Il Messina Calcio e la sua storia recente ci riconduce anche alla Salernitana attuale.
Alcuni giocatori di quella squadra che avevano contribuito a renderla grande si ritrovano oggi con la maglia dei granata di Salerno. Ex glorioso è stato anche Bortolo Mutti, allenatore di una certa notorietà, quest’anno approdato a Salerno dopo aver ereditato dall’attuale Castori – poi richiamato - una squadra allo sbando con appena 3-4 partite all’attivo. L’attuale DG della Salernitana, Angelo Fabiani, ha lavorato diversi anni sullo stretto a fianco del Presidente Franza.
Il fulcro societario si incentra intorno alla figura di Fabiani, perché è da lui che partono tutte le vicissitudini legate alla campagna acquisti della Salernitana. E’ su di lui che si incentrano anche le critiche dei Salernitani e della stampa locale.
I risultati del Messina degli ultimi anni parlano chiaro: da un campionato di C vinto nel 2000/2001 è seguita una promozione nella massima serie dopo 3 anni ed al primo anno in serie A il Messina è terminato al 7° posto, sfiorando la UEFA (Mutti in panchina). Stiamo parlando del campionato 2004/2005 e anche in quello successivo viene raggiunta la salvezza.
Il direttore sportivo era Mariano Fabiani. Come si può mettere in discussione un professionista del suo calibro? L’anno scorso in C ha portato a Salerno dei signori calciatori di “categoria” e nonostante ci si lamentasse del gioco, la Salernitana ha raggiunto la promozione senza particolari affanni.
Le ciambelle si dice non sempre escono con il buco e la Salernitana quest’anno non sta pagando a mio avviso lo scotto della neo-promossa, piuttosto è stata penalizzata e paralizzata da una preparazione atletica eccessivamente sbilanciata e nel momento topico della stagione, al c.d giro di boa, da troppi acciacchi e infortuni. Castori, Mutti e poi ancora Castori non hanno avuto la possibilità di poter amalgamare una rosa con un “undici” definito.
In tempi poi di crisi economica come quella in corso anche il calcio tira decisamente la cinghia perché soldi non ce ne sono. Certo è lì che si evidenziano le qualità e le competenze di un direttore sportivo. I risultati purtroppo non gli danno ragione. Ciononostante non credo che gente come Peccarisi, Pestrin, Coppola, Ciaramitaro, Fava ed altri arrivati quest’anno alla corte di Castori siano dei brocchi o dei falliti.
Un coppia di attacco Fava-Di Napoli ce la invidia probabilmente anche qualche club di serie A, non penso di esagerare.
Con questo non voglio ergermi a difensore di Fabiani o dell’attuale dirigenza ma ritengo che l’ingratitudine è troppo spesso dietro l’angolo, soprattutto quando le cose non vanno per il meglio. Salerno non è immune.
Peraltro le vicissitudini giudiziarie per le quali è stato indagato Mariano Fabiani non sono definitive. Penso sia buona norma, prima di sentenziare le “frodi sportive”, attendere i giudizi finali per l’appunto.
Per Fabiani il riscatto non sarà soltanto la permanenza nella cadetteria che ci auguriamo noi tutti, ma soprattutto quello di un assoluzione nelle aule dei tribunali che gli permetterà di continuare nel suo lavoro più serenamente. Di certo non servirà a scacciare le ombre di un calcio che nella sua generalità è sostanzialmente malato. La mia riflessione conclusiva è perciò questa: nel sancire il trapasso del paradigma cupola-Moggiopoli del Calcio italiano abbiamo sperato un pò tutti, probabilmenete anche gli stessi Juventini. Ma quale era (temporale), ora migliore, ci aspetta?

domenica 22 febbraio 2009

Il PD di Franceschini


Mi sarei augurato che la segreteria del Partito Democratico fosse affidata a Pier Luigi Bersani e invece avanza il vice Dario Franceschini.
Un cambiamento? Ci sarebbe da chiedersi se un vice può camminare nella direzione opposta a quella del suo predecessore? Certo le sue parole sono subito forti e di contrapposizione alle forze di governo e in particolare al premier Berlusconi, reo di aver favorito una progressiva concentrazione di potere nelle proprie mani e quindi incostituzionale. Ma questa è una colpa oggettiva su cui puntare in una futura opposizione governativa? E se pure fosse come la si fa a dimostrare? Berlusconi è pur sempre il presidente del consiglio e le attuali leggi non consentono di processarlo.
Di Pietro sosteneva qualche giorno fà, quando Veltroni ammainava la vela, che occorreva un opposizione "seria e forte". Lui finora, che piaccia o meno, l'ha fatta e non lo si può negare. Chissà se Franceschini ora intenderà proseguire con una linea di condotta più vicina a quella dell'Italia dei Valori oppure seguire la linea più radicale della sinistra. Chissà. Il suo compito è senza dubbio arduo perchè dovrà gestire, in ogni caso, con bilanciamento, due schieramenti che comunque hanno delle proprie idee e un loro credo. Non sarà facile.
L'antiberlusconismo, quello che è mancato all'amico Walterino, sembra venire rilanciato prepotentemente e con specifici riferimenti alla Carta Costituzionale: la politica condotta sinora da Berlusconi "è contro la costituzione a cui ha giurato fedeltà" ha detto il neo segretario del PD.
Piuttosto penso che il giuramento solenne che proprio lui ha fatto dinanzi ad un manipolo di concittadini e a suo padre Giorgio - partigiano cattolico - con le mani sopra una copia di quella Carta conservata negli anni dallo stesso padre mi è parsa tutt'altro che significativa e commovente. Fuori luogo in tutto, quello si. Non è "anomala" come lui stesso ha definito, è forzata. La tenerezza e la commozione del padre a me non ha affatto intenerito. Se questo doveva essere lo strumento per dimostrare che Berlusconi è contro la Costituzione Italiana siamo, a mio parere, fuori strada. Serve ben altro!
I simboli e il richiamo storico non possono essere un occasione di rilancio per un partito che non riesce a compattare le forze dell'opposizione, che punta ancora alla contrapposizione politica con Silvio Berlusconi e che non riesce a seguire un azione autonoma efficace e comune che si manifesti nei problemi reali della gente. Che soprattutto non si accorge in tempo di un Italia che si va progressivamente impoverendo.
La crisi non è soltanto economica.

lunedì 2 febbraio 2009

Io so: Di Pietro come Pasolini

Con uno stile che ricorda sia pur vagamente Pier Paolo Pasolini nei suoi "deliranti" editoriali degli anni 70 (uno stralcio di essi lo trovi qui), Antonio Di Pietro lancia il suo sapere contro il malaffare del sistema Italia. L'ho trovato interessante e per questo lo pubblico.

venerdì 30 gennaio 2009

Il timore delle intercettazioni


Chi ha paura in Italia delle intercettazioni telefoniche?
Il dibattito nella settimana appena trascorsa è entrato nel clou, in vista di una riforma più generale della giustizia che - se anche auspicata dalle forze di Governo - si presenta sin d'ora poco condivisa.
Berlusconi e poi di fila tutti i suoi adepti di certo guardano con preoccupazione alle attuali regole che disciplinano il potere di accertamento giudiziario legato alle intercettazioni, questo mi sembra un dato inequivocabile. Forse perchè come ha constatato qualcuno - vedi il buon Antonio Di Pietro - il problema risiede nel fatto che le intercettazioni danno fastidio a chi ha la coscienza un tantino sporca o per chi, se pure non ha la nobiltà di sentirsi in questo stato d'animo, deve agire per fare si che questo strumento dia fastidio il meno possibile. Le intercettazioni difatti non possono rappresentare un timore o un fastidio da parte chi fa onestamente le proprie attività, lo sono per chi può compiere o agire in modo illecito. Si dimostasse il contrario.
Il Cavaliere e Alfano sostengono che va posto un limite. Ma mi chiedo un limite a che cosa e perchè? Perchè costano troppo? La domanda è anche la risposta del PDL.
Inoltre chi è contro tira in ballo la privacy. Un pretesto simile nell'era dell'informatizzazione, della digitalizzazione e dei nuovi mezzi tecnologici di comunicazione è un pò ridicola se non altro perchè la comunicazione tra individui oramai si fonda prepotentemente proprio su questi nuovi mezzi (internet compreso). Tutelare le informazioni personali mi sembra una sostanziale idiozia che non può stare in piedi quando si parla di investigazioni giudiziarie.
Certo un limite si può anche comprendere e nessuno lo discute. Eppure guardando alle parole del procuratore capo Caselli ci accorgiamo che i dati relativi all'utilizzo di questo strumento d'indagine, ad oggi, sono ancora molto esigui (solo lo 0,20%).
Il potere di accertamento relativo alle intercettazioni telefoniche, necessario ai magistrati e agli organi preposti a garantire la giustizia, è indispensabile. Ma non solo per i delitti verso la persona, come ha sostenuto l'elite della magistratura, all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Noi pensiamo che sia utile e fondamentale anche per tutti gli altri reati. Non solo contro i delitti e le organizzazioni criminali.
Per questo quando Di Pietro insiste sul tema delle intercettazioni così come di tutti gli altri relativi alla giustizia - pene più severe da una parte e certezza della pena stessa che si contrappona all'impunità in essere dall'altra - non possiamo che essere pienamente solidali con lui e se pure appare un tantino "populista" nel suo modo di esternalizzare le proprie opinioni e di urlarle, come da più parti si dice (sinistra e centro-sinistra compreso), è anche vero che le sue motivazioni, oltrechè coerenti, sono plausibili quanto fondate e lecite.
Concludo con le sue parole: "chi non ha niente da nascondere non ha paura di essere intercettato". (A. Di Pietro).

venerdì 16 gennaio 2009

Solidarietà a Raffaele Cattaneo

Questa mattina su un treno regionale Bergamo-Milano è accaduto un episodio assai deprecabile: l'assessore ai trasporti della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo, è stato fermato dalla Polizia Ferroviaria insieme al sottosegretario alla Presidenza Marcello Raimondi per accertamento della persona, pare in seguito ad alcuni flash scattati da parte di un fotoreporter e dei giornalisti del quotidiano l'Eco di Bergamo presenti sul convoglio per svolgere il proprio lavoro. Il capotreno ha richiamato l'intervento delle forze di Polfer in quanto avvertito della presenza di persone "non autorizzate" che scattavano qualche fotografia. Insomma giornalisti e esponenti istituzionali che vengono ostacolati nel loro lavoro.
All'assessore Cattaneo va tutta la nostra stima per il lodevole lavoro che sta svolgendo perchè per avere il polso dei problemi e disagi in cui versano i pendolari e soprattutto per spingersi "sul campo" a verificare le fatiscenze del trasporto pubblico, nella fattispecie quello delle Ferrovie dello Stato - il malato cronico - deve dover sopportare anche atteggiamenti così deplorevoli. Quello dell'assessore era già il terzo viaggio dopo quello sulle linee Milano-Como e Milano-Varese degli ultimi giorni. Non pare nemmeno fuori luogo il suo disappunto verso Trenitalia intenta più a "preoccuparsi di chi fa le foto e non della qualità del servizio". Già, perchè guarda caso quel treno viaggiava con circa 15' di ritardo che ahimè non sembrano nemmeno tanti considerando le medie degli ultimi tempi. Non solo. I giornalisti e i due esponenti politici sono testimoni di carrozze sporche, alcune di esse gelide e non riscaldate e le prime due in testa treno chiuse e riaperte solo pochi minuti prima di partire. "Non si può far viaggiare la gente in questo modo, è una questione di dignità umana", ha detto. E come non credergli. La fotografia è proprio quella di un disservizio perenne a cui i pendolari oramai devono convivere e accettare con rassegnazione.
Dal loro canto i dipendenti Trenitalia cosa fanno? Cercano di far rispettare le loro "regole" al cospetto e a dispetto di problemi che pesano come macigni sulle loro spalle e soprattutto su proprie responsabilità! Se questi problemi sono sotto gli occhi di tutti a che servono questi atteggiamenti di sfida o peggio ancora di ripicca verso chi vuole fare il proprio lavoro?
I pendolari dunque non possono che essere soddisfatti se un esponente dell'istituzione della Regione prenda atto della attuale situazione in cui versa il servizio ferroviario locale per poter comprendere come migliorarlo.
Anzi dalle pagine di questo blog desidero inviatare l'assessore Cattaneo e Raimondi a continuare nella loro opera a sostegno dei cittadini lombardi e fare un viaggio anche sulla linea Piacenza-Milano per constatare anche qui i disagi quotidiani dei pendolari.
Vi aspettiamo, continuate.

lunedì 12 gennaio 2009

Laviano, un paese intramontabile

Le cime innevate dei Monti dell'Appennino Campano-Lucano che la sovrastano e circondano, un territorio comunale enormemente esteso che confina con tre diverse provincie (Salerno, Avellino e Potenza), strade larghe e ampi spazi verdi, strutture e campi da gioco sportivi a vista d'occhio, case finemente stilizzate, un gradevole villaggio di casette in legno denominato successivamente "anti-stress", un oasi d'alta montagna con un rifugio battezzato "albergo del silenzio" e un cimitero che tra quei pochi sinora visitati è l'unico a non presentare un aspetto tetro e tenebroso tipico di quei luoghi.
Se cito il cimitero è perchè c'è un senso molto forte al mio viaggio e la visita in quel di Laviano, in provincia di Salerno, un paese con poco più di 1500 anime, situato a 500 metri sul livello del mare nell'alta Valle del Sele, con il Monte Pennone a farla da padrone. Interamente raso al suolo dal sisma del 23 Novembre 1980 che provocò la morte di 300 persone e una notorietà ahimè crudele per i suoi abitanti. Nelle parole - ad un tratto - tristi e amare di Alessandro Nicolino Ciottariello c'è tutta l'eloquenza di una ferita mai rimarginata da parte di quella comunità. Il dolore che portano dentro i cittadini di Laviano è incancellabile perchè chiunque è sopravvissuto ha perso un pezzo della propria famiglia, un proprio caro o comunque un parente, un amico. Un pezzo della propria storia.
E questo l'ho capito da subito, man mano che percorrevo quei luoghi, vivi di ombre e di luce allo stesso tempo. In compagnia di Nicolino, il compagno di questo viaggio, Lavianese doc nonchè persona semplice, genuina e ospitale ma anche tanto briosa.
Lo scotto che ha pagato il paese è seguito anche dopo il terremoto con una ricostruzione lenta, difficile e non sempre opportuna nelle scelte come spesso può accadere (qualche "casermone" e quel campanile interminabile voluto da pracedenti amministrazioni).
Ma forse lo scotto più grande il Comune di Laviano l'ha dovuto fronteggiare con le natalità che, specie a cavallo del nuovo millennio, si sono ridotte spingendo il Sindaco Rocco Falivena, tuttora in carica al secondo mandato, di elargire nel 2002 un sostegno in denaro pari a 10.000 euro suddivisi in 5 anni per fronteggiare l'inevitabile emigrazione verso le citta del Nord da una parte e incentivare altre al ritorno nella propria terra Natale. Quell'anno infatti si erano avute appena 4 nascite, un dato desolante.
Come dare torto o criticare (come qualcuno ha fatto) la scelta di un Sindaco che voleva evitare la scomparsa progressiva di una comunità? Sarebbe stato come morire due volte. E dopo lo sforzo e la grande forza d'animo foggiata dai Lavianesi per risollevarsi da un evento così traumatico come il terremoto catastrofico che li aveva colpiti, non mi è sembrata così irragionevole la proposta di un sostegno dignitoso per le nascite. Eppure nel 2007 questi aiuti sono stati sospesi. Non mi permetto di valutare se sia giusta o sbagliata la decisione di una Procura; bisogna però anche capire se le motivazioni di un simile provvedimento siano state ugualmente prese in modo responsabile. "Volevamo salvare almeno le scuole che ci fanno sentire ancora un paese". Nelle parole del Sindaco vi è evidentemente l'amaro in bocca anche per una "questione meridionale" ancora irrisolta. Laviano ricordiamo contava, prima del sisma, ben oltre 2000 abitanti. In ogni modo il suo riconoscimento, a 25 anni dalla ricorrenza, la città lo ha ricevuto ed ha un grande significato e valore: "in occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione". Con questa frase è stata conferita la medaglia d'oro al merito civile. Io ho visitato il paese in queste feste Natalizie ed i segni della ricostruzione sono tangibili. Considerando le enorme difficoltà della loro storia recente, i Lavianesi meritano ampiamente questa onorificenza.
Come non ritornare in un paese così ospitale! Qui ho trovato quel mix giusto di elementi necessari per una vita serena, sana e duratura: montagne, verde, aria buona, strutture sportive e mangiar bene. A proposito se vi fate un giro da quelle parti e siete amanti della buona cucina come me, non potete non fare una puntata al mitico Ristorante Sant'Agata dove i gusti genuini della pasta fatta in casa e altre pietanze locali sono una vera prelibatezza per i palati.
Insomma il mio appello per il Sindaco di Laviano è presto fatto: da Milano sarei disposto a scappare - Egregio Dottore - insieme alla mia famigliola e come si suol dire "ci verrei a piedi" a vivere nel vostro magnifico paese! Con una "sistemazione" ovvio, poi con o senza il "bonus bebè", figli? Uno dietro l'altro.
Forza Laviano, continuiamo!

giovedì 8 gennaio 2009

Milano 7/1/09: una nevicata da incorniciare

7 gennaio 2009, una data che credo i Milanesi ricorderanno a lungo.
Un inizio di anno o se vogliamo un rientro a lavoro degno di una giornata da incubo.
Milano, la "gran Milan", piegata in ginocchio dinanzi a non oltre 26 cm di neve, misurati. La foto vi aiuta a capire che la macchina nel parcheggio è coperta appena all'altezza del battistrada della ruota. E se il sindaco Moratti ha parlato di 40 cm e oltre state tranquilli perchè era in preda ad una amnesia (chissà morale!? Vedi manuale del mitico Franco Varrella), forse per le brutte figure dette la sera prima dinanzi ai TG nazionali. Anche il sito istituzionale del Comune il 6 gennaio riporta le sue parole: "la situazione è sotto controllo..il nostro piano già prevede il peggioramento che ci sarà nelle prossime ore. Domani le scuole saranno aperte perchè non c'è un allarme tale da consigliarne la chiusura". Parole rassicuranti a cui io stesso quella sera, dopo il rientro dalla vacanza familiare, ho pensato credibili. Tutt'altro.
Mezzi paralizzati letteralmente: treni con ritardi che superavano spesso i 60' (non fidarsi nemmeno dei dati del tabellone luminoso di Rogoredo, il Piacenza delle 16:20 è arrivato con 65' di ritardo) per i disagi della rete di collegamento e per i locomotori stra-vecchi che a quelle temperature soccombono (del resto cosa puoi aspettarti dalle FS se i ritardi e i disagi sono all'ordine del giorno in tempi assolutamente normali); tram e autobus bloccati per diverse ore per la presenza massiccia di neve su rotaie e strade, linee 1 e 3 metropolitana bloccate per guasti alla linea elettrica, auto che pattinano lungo le vie con incidenti segnalati in gran numero. Scuole chiuse.
Insomma un disastro. Ma ciò che fa più rabbia è che le previsioni Meteo avevano previsto tutto e in largo anticipo. Io sono sceso il 23 dicembre e già allora tutti i bollettini meteo avvertivano della ondata di gelo e neve prevista a partire dal giorno dell'epifania. Possibile che tutto questo non è stato sufficiente ad arginare questo evento?
Come si fa a parlare di un ondata di maltempo eccezionale o più "intenso del previsto"?
Mi chiedo con quali misure la Moratti che è il Sindaco di Milano e il Comune nei suoi organi preposti, le Ferrovie, ATM non abbiano adottato le opportune contromisure (che anche i muri conoscono!) per contrastare un fenomeno annunciato o che comunque non lo abbiano valutato attentamente. Non è bastato nemmeno l'esempio del gennaio 2006 dove la città rimase paralizzata con appena 20 cm di neve. Mezzi spazzaneve, uomini in gran numero, sale ovunque, queste cose ed altro sembravano stavolta - stando agli annunci dello stesso Sindaco con dati alla mano - dover contrastare la nevicata. Invece il giorno dopo abbiamo assistito a ben altre scene rispetto a "lamatura e salatura manuale di marciapiedi dei punti sensibili della citta', ingressi degli ospedali, delle scuole, accessi alle metropolitane e banchine delle fermate ATM", dette 15 ore prima a parole ma non nei fatti (la mia foto mostra le scale che collegano la stazione di Milano Lancetti che sono visibilmente coperte di bianco con annesso pericolo per i passanti).
Eppure il Comune di Milano si giustifica con il bel gesto di aver donato il sale antineve alla amica Torino con successivo esaurimento delle scorte. Che ridere! Possibile ma 15 ore prima sembrava ce ne fosse e poi con un ondata di neve di quel genere si pensa a porgere l'altra guancia ad una città diversa anzichè guardare prima ai prolemi di casa propria? C'è qualcosa che vi torna?
A me nulla. Pensare che Milano è la città che ospiterà l'Expo 2015.
Una prima scheggia all'immagine della città, evitabile?

Bambini venite parvulos.