giovedì 12 giugno 2008

Morti bianche: i responsabili?

Il mio pensiero va a quelle sei famiglie straziate che ieri hanno perduto per sempre i loro cari.
Un altro tragico incidente è accaduto in Sicilia dove sono morte per cause ancora da accertare 6 persone all’interno di una stanza di un impianto di depurazione.
Riesplode il problema della sicurezza sui posti di lavoro, si ri-parla di misure e piani straordinari da adottare urgentemente, da ogni parte politica si alza il coro di denuncia verso un fenomeno in continua crescita.
Ma le normative sulla sicurezza ci sono, il problema di fondo è farle rispettare.
Chi doveva vigilare e chi poteva e doveva prevenire? Lo sapremo, chissà?
Non è possibile che ad oggi in un anno ci siano state in Italia 1300 vittime, questi dati sono terrificanti e inammissibili.
Ancora più inammissibile è il fatto che, assodate le cause, i colpevoli la facciano franca.
Infatti l’altro grande problema è accertare le responsabilità perché i procedimenti che servono a identificare chi non ha vigilato efficacemente affinché il fatto non accadesse sono – evidentemente – troppo complessi.
In Italia chi è colpevole il più delle volte non paga e questo chiamatelo pure luogo comune, ma è la verità. Si parla tanto di “stato di diritto”, dopo quanto accaduto se ne riparlerà ancora per qualche giorno, staremo a riflettere sulle cause che hanno generato la tragedia, dopodiché si ritornerà alla normalità come sempre.
Ma lo Stato quando ritornerà ad essere “Stato”?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Giulio, non voglio fare "l'Avvocato del Diavolo", ma devo dire che molte volte c'è la irresponsabilità degli stessi lavoratori. Ti cito due episodi in merito a cui ho assistito in questi giorni. Il primo mi è capitato a Nuoro in un cantiere dell'Azienda dove lavoro. Ho trovato uno degli operai sulle impalcature, senza elmetto, senza le cinture di protezione, con pantaloncino corto e gli infradito ai piedi!!! Io, pur non essendo un tecnico, ho richiamato lo stesso lavoratore ed ho fatto una "nota disciplinare" al Capocantiere che come attenuante mi ha asserito che praticamente non riesce ad imporre l'attrezzatura di sicurezza perchè... fa caldo! Secondo Episodio: nella bella Acciaroli, Venerdì scorso, degli operai avevano appena finito di piantare delle Palme e si accingevano a caricare l'escavatore che aveva fatto le buche sul camion. Uno di essi "guidava" le operazioni di carico proprio davanti al mezzo, sul rimorchio. Come l'escavatore ha finito la "rampa" di carico si è, di colpo, raddrizzato finendo col colpire, per fortuna senza gravi conseguenze, con la punta della pala, l'operaio. Mi chiedo se il suo datore di lavoro si trovava in qualsiasi posto del mondo come faceva a "responsabilizzare" queste teste calde? Si possono dare colpe per comportamenti, certamente pericolosi, ma soggettivi, che vanno al di là delle direttive aziendali? Personalmente non credo.

GDS ha detto...

Caro Pino quando parlo di responsabilità mi riferisco, come nel caso degli operai di Mineo, a quelle che troppo spesso i lavoratori si devono assumere per operazioni che non spetterebbe loro compiere. Il problema e il quesito che ponevo è soprattutto sulle competenze, spettava loro fare quello che stavano facendo?
Certo quelle povere persone crepate in quel fango non avevano le mascherine e l'occorrente generico che serve in questi casi per difendersi dall'emergenza, ma siamo sicuri che dovevano risanare proprio loro una simile situazione?
Anche nel mio lavoro sai quante responsabilità mi assumo quotidianamente come consulente quando si tratta di mettere mani alle procedure informatiche? Il mio capo fà presto, in una decisione, a confermare quanto gli propongo..certo tanto nelle registrazioni figura il mio nome mica il suo..e sai bene che se subentrano dei pasticci le responsabilità delle decisioni poi non sempre si dividono!?
Certo - e questo devo dire specie al Sud (avendo dei parenti che lavorano come artigiani nel campo edile)- le misure di prevenzione e di sicurezza non vengono spesso rispettate dagli stessi operai, ma lasciami dire che talvolta anche chi è preposto alla vigilanza chiude un occhio volontariamente.